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Direzione artistica Luisa Trevisi e Carlo Colombo
gio 25/08 | ore 21.30
Il quartetto di gypsy jazz più longevo del Veneto incontra una leggenda della chitarra: Bireli Lagrene
Mattia Martorano
Andrea Boschetti
Beppe Pilotto
Il quartetto di gypsy jazz più longevo del Veneto incontra una leggenda della chitarra: Bireli Lagrene, nato in Alsazia nel 1966 da una famiglia di musicisti, viene iniziato alla musica dal padre, sorprendendo per il suo talento precoce.
Da polistrumentista (suona meravigliosamente violino, basso elettrico, contrabbasso, oltre che essere raffinato cantante) esita inizialmente sullo strumento da adottare, scegliendo infine la chitarra, che lo cattura definitivamente dopo un periodo di ricerca. In breve tempo Bireli costruisce uno stile abbagliante, dimostrando incredibili capacità di adattamento e un talento nell’improvvisazione che lo porta ad essere tra i più grandi chitarristi di tutti i tempi. Per Biréli il virtuosismo non è nulla senza la freschezza dell’ispirazione: questa lezione appresa da Django Reinhardt riecheggia già dai suoi primi album, da “Route to Django”, seguito da “Biréli Swing 81” e “Biréli Lagrene 15”. Bireli deve gran parte della propria emancipazione musicale a Jaco Pastorius, dal quale – al termine di un fortunato tour mondiale – riceve in omaggio il basso fretless, strumento che ha caratterizzato le sonorità degli Weather Report.
Dal 1986, dopo avere collaborato con partner leggendari, tra cui Stephane Grappelli, si cimenta nell’avventura fusion, moltiplicando esperienze e incontri: Suona con John McLaughlin, Paco de Lucia, Al Di Meola, Larry Coryell. Negli anni ’90 registra “Acoustic Moments”, opera che rappresenta la perfetta sintesi del suo percorso, e a seguire “Standards” e “Live in Marciac”, dischi osannati dalla critica e dai chitarristi di tutto il mondo; nel 1993 riceve il premio “Django D’Or” come migliore musicista jazz francese.
A 55 anni, dopo avere indagato tutti i fronti della chitarra moderna e collaborato con i migliori jazzmen del globo, Biréli, all’apice della carriera, torna alla musica da cui tutto è iniziato: con audacia, tra virtuosismi e profondità, si ritrova a suonare la musica di Django, confermandosi uno dei più grandi eredi del maestro, pur dimostrando di aver sviluppato un proprio linguaggio musicale, colto, libero e raffinato
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