Radici di un’anomalia
– Compagnia Matàz Teatro
Non solo e riduttivamente un “punto di vista maschile”, ma un ragionamento su una cultura che fa delle differenze di genere, delle molestie sessuali e del femminicidio pratiche sociali talmente interiorizzate da renderle, in troppi casi, comprensibili o addirittura accettabili.
La violenza di genere ha radici profonde, che si nutrono di un passato e di una cultura, la nostra, che vede la donna come una proprietà.
Il gesto estremo della violenza su una donna è solo la punta dell’iceberg di tutta una serie di comportamenti di cui, a volte, non ci rendiamo nemmeno conto.
La nostra cultura è piena di comportamenti che corrono sul filo del rasoio: un fischio per strada (“E dalle macchine per noi, i complimenti del playboy, ma non li sentiamo più…”, F. Mannoia), una pacca sul sedere (“Come giocattoli ci piacciono tutte”, M. Reppetto) lo stalking (“Every single day, and every word you say, every game you play, every night you stay, i’ll be watching you”, Sting).
Comportamenti culturalmente accettati perché, forse, mai riflettuti fino in fondo.
Questa lettura tratta il tema della violenza sulle donne con ironia e leggerezza ma chiamando le cose con il loro nome, mettendo la lente d’ingrandimento sul punto di vista maschile, fino ad arrivare alla grande domanda: “Ma anche provarci con una ragazza che mi piace, allora, è violenza?”.
No:
“Quello che ferisce e uccide, che annienta e cancella, non ha niente a che fare con l’amore. Ha a che fare col potere, col controllo, con la frustrazione, con ruoli ereditati e stereotipi subiti, ma mai – mai – con l’amore. Da qui si può partire. Per dire questo, le abbiamo le parole.” L. Costa