“Nane Oca” è un capolavoro.
Assoluto.
Sì, va bene, siamo di parte.
Sì, va bene, non ci si può credere, così, sulla fiducia.
Sì, va bene, lo dite solo per farci venire a teatro.
Eppure è così.
Perché c’è un suonatore di viola pomposa. E poi una bellissima fata, suonatrice d’arpa. Dal loro amore nasce Giovanni. E poi c’è suor Gabriella. E poi si fa l’amore. E poi c’è il ciarepìn. E Giostrina. E c’è Pava Pavessa Carezzaventi. E il fiume Bachibach Bachilione Bachì. E l’albero della piazza dei Frutti. E poi c’è il professor Pandolo. E infine, ultimo ma non ultimo, l’Uomo Selvatico…
Ma poi, alla fine, riuscirà Giovanni-Nane a trovare il vero monòn?
E qua volete troppo.
Perché questo è tutto da vedere.
Fra un racconto e un altro, fra una canzone e un’altra, fra una parola garbina e una musica molto, molto, molto monòn…
Giuliano Scabia ci rivela che lui sa, adesso, che tutti i personaggi, e non solo Giovanni (Oca), sono alla ricerca del monòn. E sa anche che alcuni (compreso forse tu lettor-spettator) alla fine lo trovano.
Ma a chi ascolterà questa storia e, preso dal suo tremito, arriverà fino in fondo, noi chiediamo la gentilezza di non rivelare i tre segreti di Nane Oca: qual è la vera identità della fata Aura, qual è la lingua del Magico Mondo, cos’è il vero momòn.
Poetico. Comico. Quasi erotico.